19 settembre 2010

Una lettera

Ricevo e volentierissimo pubblico la lettera di Cristina:

"Buongiorno,
le scrivo per ringraziarla: le copierò l'idea della tinozza.
Non ho ancora letto i suoi libri: per scaramanzia aspetto ancora qualche giorno per avere i risultati dell'amniocentesi.
Lei è la prima persona alla quale mando questa lettera che cercherò di diffondere per raccogliere e rimettere in circolo idee, informazioni, solidarietà: sono una trentanovenne che non ha mai partorito e non ho nessuna dimestichezza con i bambini, speriamo di capirci qualcosa strada facendo. Grazie.

Sono una donna al quinto mese di gravidanza ed in questi cinque mesi ho riscontrato diversi casi di malasanità in questa regione, il Lazio. In diverse occasioni la mia gravidanza è stata oggetto di tentativi di speculazione. Una donna, in un momento così delicato della sua vita, si trova al centro di un sistema affaristico che ha infiltrato nella sanità pubblica interessi privati, grazie al fatto che la gravidanza, che dovrebbe essere considerata una condizione fisiologica (che richiede comunque attenzione), è proposta oramai come uno stato che necessita di medicalizzazione. 

Quest'aberrazione ha avuto successo ed è stata collettivamente metabolizzata, al punto che se una donna dichiara di voler partorire a casa sua è abbastanza frequente che si senta chiedere se ciò sia legale. Di illegale, personalmente, ho riscontrato ben altro. Oltre ad esperienze personali, ho raccolto testimonianze altrui: padri che si sono sentiti chiedere  mazzette in ospedali pubblici, ed hanno dovuto cedere all’estorsione, mentre le loro mogli erano in travaglio; infermiere di consultori pubblici che proponevano sottobanco il nome della loro bravissima ginecologa di fiducia, ovviamente privata; ecografisti delle ASL che, dopo aver ventilato fantasiose complicazioni, si offrivano velatamente di prendersi cura della gravidanza nel loro studio personale. 
Soprattutto ho riscontrato, nelle diverse strutture pubbliche e private che ho visitato, che le persone interpellate non erano in grado di fornirmi dati soddisfacenti quando chiedevo loro la percentuale annua di cesarei in quel reparto, o altre informazioni alle quali, credo, l'utenza dovrebbe avere accesso. Avendo varcato, munita di camice e soprascarpe monouso, la soglia della sala parto di una delle più grandi e famose cliniche convenzionate di Roma, ho sentito un’infermiera comentare che, a causa dell’affollamento, stavano facendo “cesarei a tutto spiano”; anche a donne che, come ho saputo poco dopo, avendo già raggiunto una considerevole dilatazione, erano in una avanzata fase di travaglio.

Ho fatto una piccola ricerca su internet, e ho letto articoli e scritti eclatanti in merito,  cito per esempio l'articolo dal titolo "Vuoi partorire? Paga", di Angela Camuso, che sarebbe apparso sul settimanale "l'Espresso" il 7 settembre 2007.
Un cesareo dura circa mezz'ora, è programmabile e frutta agli operatori cifre molto più elevate del parto naturale. Inoltre il ricorso al bisturi alleggerisce i medici da eventuali responsabilità legali. Molti medici, interpellati circa lo spropositato ricorso ai tagli cesarei, rispondono che spesso sono le donne stesse a farne richiesta. Cosa probabile e peraltro del tutto legittima, penso. Però bisogna considerare quanto sia facile, forti di un sapere dal quale la partoriente è esclusa, pilotarne le decisioni.
Questo malcostume è talmente diffuso che offusca ed inquina il lavoro di tutti gli operatori, anche quelli integerrimi; ho parlato con alcune ostetriche che mi sono apparse serie e degne.
Credo proprio, e spero di scoprirlo presto, che dare alla luce un figlio non sia uno scherzo; un parto attivo richiede condizioni ottimali, non solo dal punto di vista fisico. La donna deve essere preparata, consapevole, protagonista, in un giusto stato emozionale. Condizioni per me irrealizzabili in quasi tutti gli ospedali pubblici e le cliniche private o convenzionate che ho visitato col mio compagno.
C'è invece una struttura nella quale avrei  voluto partorire: la casa del parto Acqualuce di Ostia, dove si può fare il parto in acqua, gratuitamente ed in tutta sicurezza, con persone con le quali avrei volentieri affrontato e condiviso un'esperienza così memorabile. Persone delle quali mi sarei assolutamente fidata. Purtroppo sono venuta tardi a conoscenza di un posto simile e probabilmente non potrò andare lì. Le ostetriche sono quelle che lavorano nell’ospedale Grassi, che ospita nel suo cortile la casa del parto; sono in poche e non possono soddisfare tutte le richieste. Per ora la casa del parto si è  salvata da una chiusura dettata dall'alto grazie alla volontà di donne e ostetriche.  

Non mi resta che un luogo, casa mia. Vado a comprarmi una tinozza, per partorire in acqua: è un'idea rubata, mi sembra buona, meglio di una mangiatoia. Non so se troverò un'ostetrica accessibile, la regione Lazio non le rimborsa. I cesarei li rimborsa, ma i parti in casa, che costano meno, no.

A proposito, io e Sandro leggeremo volentieri le esperienze e i consigli di chi abbia vissuto un'esperienza simile (o anche diversa). Qualsiasi informazione è gradita e ringraziamo tutti quelli che vorranno per qualsiasi motivo scriverci.
Cristina Manca e Sandro Simone.

2 commenti:

  1. Caspita, i ricatti per avere un servizio buono mi stupiscono. Io a Milano, al Buzzi e a 38 anni ho partorito normalmente, mi hanno mollata lì perché erano sovraffollati ma ho l'impressione che prima di farti il cesareo ti facevano schiattare. Io il parto in casa non lo farei, ne avrei paura. In acqua sì, subito.

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  2. http://www.scuoladirespiro.com/Rebirthing%20Genitori.htm

    Ciao, se non hai ancora partorito, dai un occhiata a questo sito.
    Io l'ho trovato cercando tutt'altro..
    Ma adesso che mia cognata stà per partorire ci ho riflettuto un pò meglio..
    Spero con tutto il cuore che ti possano aiutare per 2 motivi..
    Il primo sei tu, mi darebbe gioia sapere di averti aiutato.
    Il secondo riguarda mia cognata e un mio futuro pargoletto.. Mi piacerebbe che nel caso deciderai di provare, mi mandassi una email per dirmi come ti sei trovats.
    Il mio non è un dare per avere.. Ma che male c'è nell essere più convinti ascoltando una persona che non ha nessun interesse personale nel raccontarmi le sue impressioni?
    Spero di cuore che sia la strada giusta sia per tuo figlio che per il "mio"..
    La mia mail è:
    andrea_ven@hotmail.it
    Tanti auguri, ciao.

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