27 gennaio 2017

Il travaglio è come una maratona, si può mangiare con le doglie (ma dai?)


Partorire e' faticoso e ci vuole tanta energia per farlo. Ma veramente? Ci voleva uno studio americano per dirci che una donna in travaglio non può stare a digiuno. Le ostetriche che assistono i parti in casa lo dicono da sempre, come io stessa sostenevo otto anni fa nel mio libro "Partorire senza paura" (e due anni dopo ne "Il Parto in Casa").


Passano gli anni, le evidenze scientifiche si moltiplicano, gli articoli e i libri si sprecano, ma quando si parla di nascita, il buon senso sembra essere ancora assente in sala parto. Ci si sveglia solo quando arriva l'ennesimo studio americano, perché ovviamente la voce di chi assiste le donne da sempre, cioè le ostetriche, non è ancora attendibile, affidabile. E' ancora considerata un pò rudimentale, poco scientifica....


Allora, in questo studio dell'American Society of Anesthesiologists, si paragona il travaglio di parto a una maratona, nel senso che - viene spiegato - una donna che sta partorendo ha bisogno della stessa energia e delle stesse calorie di una maratoneta. Una vera sorpresa, vero? Chi ha partorito, come me, lo sapeva anche prima di leggere questo studio. Ma perché alle partorienti è imposto il digiuno? (non sempre per fortuna): per ridurre il rischio di aspirazione polmonare in caso di anestestia generale necessaria per un parto cesareo d'emergenza. Da un paio di decenni però il ricorso all'aspirazione è crollato in conseguenza per via del crescente ricorso all'analgesia spinale, quindi i medici si sentono di dire che un "pasto leggero" è permesso. 


Le ostetriche che assistono i parti in casa, una modalità che ovviamente non prevede anestesie e interventi chirurgici, fanno sempre scegliere alla donna se mangiare oppure no. L'impegno di far nascere un bimbo/a è davvero immenso e può durare ore/giorni, non si può pretendere che la futura mamma muoia di fame. Quello dell'ASA non è certamente l'unico studio che dimostra l'inutilità, se non il danno, di questa procedura standardizzata. Ne cito uno a caso: nel 2009 sul British Medical Journal uscì una ricerca effettuata in un ospedale universitario londinese, che dimostrava gli stessi principi (leggi qui).


Speriamo che piano piano qualcosa cambi.

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