22 aprile 2009

Congedi di maternità fino a 20 settimane dopo il parto, una proposta dell'Unione Europea per sostenere la maternità e la famiglia

Congedo di maternità fino a 20 settimane dopo il parto, obbligatorio durante le prime sei, con il salario al 100%, e salario all’85% minimo per i mesi rimanenti. Congedo di paternità per almeno due settimane dopo il parto e tutela anti-licenziamento per le neo mamme per un anno. La proposta è stata presentata il 20 aprile dalla deputata socialista portoghese Edite Estrela della commissione Diritti delle donne del Parlamento europeo ed ha ricevuto 18 voti favorevoli, sei contrari e 5 astensioni. Il voto in plenaria è atteso per maggio, in occasione dell’ultima seduta del Parlamento prima delle elezioni europee.
Il congedo di maternità attualmente varia in Europa dalle 14 alle 28 settimane. Già lo scorso ottobre la Commissione Ue aveva proposto di uniformare la legislazione proponendo per tutti i Paesi Ue un congedo minimo di 18 settimane, con l’obbligatorietà per le prime 6 (vedi precedente post). Nelle indicazioni anche quella, rivolta ai datori di lavoro, di tenere conto delle eventuali richieste di modifica dell’orario di lavoro da parte delle neo-mamme. Norme di tutela aggiuntive, inoltre, per parti cesarei e gemellari, nascite premature e neonati affetti da handicap.
   Speriamo che la proposta vada a buon fine: attualmente la situazione delle donne è abbastanza surreale. Siamo  un Paese a natalità zero ma nessuna politica sociale va incontro alla maternità. Ieri sono stata ad un convegno sui rapporti tra televisione e famiglia e il regista Alessandro D'Alatri ha giustamente osservato che l'Italia è un paese in cui  "nelle graduatorie per l'iscrizione agli asili nido i figli delle coppie sposate hanno meno punti dei figli dei separati, dove la legge prevede detrazioni per i divorziati e non per gli sposati, e dove le spese del veterinario sono detraibili, quelle del pediatria parzialmente". Secondo D'Alatri, "c'é un impasse giuridico e istituzionale" che andrebbe risolto. E ha giustamente osservato: "In Italia ci sono più scioperi al mondo, ma nessuno dedica mezz'ora di tempo per difendere le questioni familiari".
  Bisognerebbe far capire ai  politici, tutti, senza distinzione di schieramento e di sesso (basta con le battaglie "femminili", portate avanti solo dalle parlamentari donne)  che non si tratta di un tema "secondario" e procastinabile, ma di una questione, la difesa e il supporto alla famiglia, dalla quale dipende il futuro del Paese, da tutti i punti di vista. Smettiamola di fare promesse non mantenute e iniziative una tantum. Ma avviamo una politica nuova che permetta alle mamme di stare con i propri figli senza il terrore di essere licenziate o messe all'angolo, di non dover farli crescere con le tate, di avere spazi verdi e di gioco, di avere orari flessibili, di avere asili nido in azienda... Insomma, di vivere in una societa' in cui la maternità sia un valore vero, da rispettare e tutelare. Siamo in forte ritardo rispetto a molti paesi europei. Nell'ambito dei finanziamenti rivolti alle politiche per la famiglia e i minori, l'Italia investe l'1,1% del Pil, contro il 2,3 dell'Unione Europea, il 2,6% della Francia. Vari studi confermano che la politica familiare è uno dei fattori chiave dell'"eccezione demografica" francese. La stessa che a livello europeo permette di compensare il forte rallentamento della natalità in corso in altri grandi paesi come la Germania e l'Italia.

Fonti: rassegna.it ed Eurostat 

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