20 gennaio 2009

La paura

Oggi sono intervenuta alla presentazione del libro "Dopo un cesareo" (Ivana Arena, Bonomi). E' stato molto stimolante ascoltare le opinioni dell'autrice e degli altri "presentatori" (una ginecologa, un'avvocatessa, una giornalista) . E soprattutto delle donne presenti. Andando al sodo, la parola che mi sembra possa accomunare gli argomenti affrontati, e' la "paura". Paura dell'ignoto, paura che qualcosa non vada come dovrebbe andare, paura del giudizio degli altri, paura di sbagliare, paura di non capire, paura di non essere capite, paura di non essere all'altezza.
    La paura porta così ad affidarsi agli altri, incondizionatamente, a non tener conto dei bisogni più profondi. Non ci si chiede, insomma, 'cosa voglio?'. Ma 'cosa ci si aspetta che io faccia?'. Io nel mio libro faccio un appello alle donne perché smettano di credere nei luoghi comuni sul parto, nelle "verità assolute" della classe medica, e invece prendano le loro decisioni dopo essersi informate, capiscano fino in fondo cosa vogliono dal loro parto, si mettano in gioco, anche se a volte è faticoso e doloroso.
   E mi rendo conto che alla fine il modo di vivere il parto diventa inevitabilmente il risultato di quello che siamo, vogliamo... o che non vogliamo.
   Non vogliamo metterci in discussione, né mettere in discussione le procedure che, ci hanno insegnato, sono quelle giuste da seguire. Perché "si fa così", tutte le altre lo fanno. Perché per noi dovrebbe essere diverso? Molte neomamme, quando abdicano ai loro bisogni  e desideri più profondi, dopo il parto provano sensazioni di tristezza, umiliazione, rabbia. Perché non hanno vissuto questo evento come si sarebbero aspettate di viverlo, perché hanno dato più ascolto alle "regole prestabilite" (da chi? e perché?) che a se stesse. Ma poi cacciano via questi sentimenti di frustrazione perché i loro piccoli ormai sono lì, teneri esserini che chiedono amore, cure e attenzioni. E non c'è più tempo per pensare, riflettere su quello che è successo. O che non è successo.
   E la catena continua, il passato diventa presente e il presente diventerà il futuro di altre donne, delle nostre figlie, e delle figlie delle nostre figlie.
   Se non siamo soddisfatte, se restiamo deluse, è inutile prendersela con quel ginecologo o con quell'infermiera, ostetrica, anestesista, con il partner, la suocera, o la struttura medica.... 
   Le uniche con cui dobbiamo prendercela, alla fine, siamo solo noi stesse. Perché dovremmo lottare, batterci, scontrarci ed esigere di più. Non accettare più compromessi o ricatti ("se lei non fa come le dico mette in pericolo suo figlio", dicono spesso gli "operatori della nascita").
   La paura è una brutta bestia, nel parto e.... nella nostra vita. Prima ce ne libereremo, prima riusciremo a cambiare, anche se ci vorrà molto tempo, le cose.  

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